Rassegna di Informazione sugli argomenti più interessanti dell’ultima settimana (29 aprile ’24 – 5 maggio ’24) con articoli apparsi su siti web da noi selezionati, e in relazione con i nostri Dubbi.
Rassegna Palestina – Israele Rassegna
Dubbio: nell’occidente “democratico e liberale” (USA docet) cresce l’allergia del potere costituito verso il dissenso, in particolar modo, quello verso le guerre. La scusa è sempre quella dell’ordine pubblico e della sicurezza, e della minaccia del “presunto” nemico. Quale esempio di “democrazia” l’occidente sta offrendo a quel mondo “non democratico” a cui vorrebbe far la morale?
New York, la polizia irrompe nel campus occupato per la Palestina: decine di arresti.
È terminata con l’irruzione della polizia nel campus e con decine di arresti l’occupazione della Columbia University, l’università di New York dove da giorni proseguono le proteste studentesche a favore della Palestina. L’intervento delle forze dell’ordine è stato richiesto dal campus stesso, dopo che, nella giornata del 30 aprile, gli studenti erano riusciti a occupare Hamilton Hall, sede del Rettorato. Per capirsi, un evento che non si verificava dalle proteste del 1968 contro la guerra in Vietnam quando, proprio nella data del 30 aprile, le forze dell’ordine arrestarono oltre 700 studenti.
Ci si divide e ci si arma per la pace: un’epoca di contraddizioni
Da due anni ormai ci viene ripetuto che bisogna armarsi e fare la guerra per arrivare alla pace. L’unico modo per ottenere un risultato soddisfacente in politica internazionale, è quello di continuare ad inviare armi e usarle come deterrenza.
Insomma, distruggere la vita umana per vivere.
Quindi, in questo contesto così contraddittorio non stupisce per nulla l’insurrezione alle parole recenti del Papa di molti del cosiddetto <<mondo occidentale>>. Usando una metafora, quella della bandiera bianca, che nel diritto internazionale assume un significato preciso, il Papa ha incoraggiato per l’ennesima volta a trattare, a negoziare, cioè a dialogare.
Israele. Docenti contro: tra isolamento e repressione
Regev Nathansohn, che insegna comunicazione al Sapir College, fa parte delle due dozzine di accademici israeliani che hanno firmato una petizione che chiede agli Stati Uniti di smettere di armare Israele nella sua guerra contro Hamas.
La petizione, che è stata firmata da oltre 1.000 accademici di tutto il mondo, definisce la condotta di Israele come un “genocidio plausibile”: «Presidente Biden, non permetta che gli Stati Uniti passino alla storia come facilitatori di un genocidio» – si legge nella petizione, che ha più di 1.000 firmatari, presentata da un gruppo chiamato Academics4Peace –. «Rispettate gli obblighi degli Stati Uniti in base al diritto internazionale e ai principi fondamentali dell’etica. L’unico modo per fermare la fame di due milioni di persone, tra cui oltre 100 ostaggi israeliani, è porre fine a questa guerra».
Boicottare le Università israeliane?
«È nostro dovere chiedere di interrompere i rapporti con l’accademia israeliana fino a quando non prenderà parte al processo di decolonizzazione». Così Maya Wind conclude la conversazione con il manifesto. Antropologa israeliana alla British Columbia, ha da poco pubblicato per Verso il libro Towers of Ivory and Steel: How Israeli Universities Deny Palestinian Freedom in cui indaga il ruolo dell’accademia nel mantenimento del sistema di oppressione del popolo palestinese.
Rassegna Economia nel Portafoglio Rassegna
Dubbio: quanto può ancora reggere la “fiaba” neoliberista che agisce con la “mano ben visibile” nella distribuzione iniqua, e quindi in modo inefficiente, della ricchezza, sia a livello globale che locale? L’indirizzo che verte nell’attuazione di tassazioni “regressive” (dove i ricchi pagano meno tasse dei meno abbienti), coniugata con la narrazione per cui “non ci sono i soldi” (falsa mitologia neoliberista), quanto rapidamente può distruggere l’equilibrio sociale?
Dalle colonne del New York Times, il più importante quotidiano americano, l’economista Gabriel Zucman torna ad invocare un ripensamento del sistema fiscale statunitense (e non solo). Un prelievo maggiore a carico dei più ricchi ed un’azione redistributiva più incisiva da parte dello Stato. E lo fa partendo un grafico sorprendente, da cui emerge come da qualche anno e per la prima volta nella storia, l’aliquota effettiva a cui sono sottoposti i 400 contribuenti più ricchi d’America sia più bassa di quella che grava su chi ha redditi al di sotto della media della popolazione. Per i primi è del 23%, per i secondi del 24%.
Abolire i super-ricchi, sobriamente e ragionevolmente
Perché chi, avendo l’obiettivo di contrastare le concentrazioni estreme di reddito e ricchezza, si dichiara favorevole a misure come le imposte sulla ricchezza e i tetti alle super-retribuzioni viene visto come un ingenuo o un idealista, mentre chi critica quelle politiche è considerato (e si ritiene) sobrio e ragionevole?
Nel mio recente libro Enough: Why it’s time to Abolish the Super Rich sostengo che è vero esattamente il contrario. Un programma politico importante e trasformativo per ridistribuire e reindirizzare le fortune dai super-ricchi alla popolazione in generale sarebbe un modo ovvio, efficace e immediato per aumentare la prosperità di un gran numero di persone. Non si tratta di un argomento ideologicamente di sinistra. È la risposta logica che scaturisce da qualsiasi valutazione pragmatica dei modi e mezzi potenzialmente in grado di migliorare il tenore di vita generale; una questione che dovrebbe interessare l’intero spettro politico, anche gli elettori di centro e di destra.
Il gruppo Stellantis ha annunciato un calo dei ricavi del 12% nel primo trimestre del 2024. Gli incassi si sono fermati poco al di sotto dei 42 miliardi di euro, come spiega il gruppo a causa soprattutto “di minori volumi, effetti cambio valutari e mix sfavorevoli, in parte controbilanciati da prezzi in tenuta”.
Le vetture consegne sono state 1.335.000, in flessione del 10%. I dati, nonostante le giustificazioni della società, sono stati accolti male: il titolo perde in borsa quasi l’8%. Poche settimane fa l’amministratore delegato del gruppo si è visto approvare un maxi aumento del 55% della retribuzione, portata a 23,4 milioni di euro l’anno. L’azienda ha anche annunciano che distribuirà agli azionisti un dividendo ordinario di 1,55 euro per azione (in aumento del 16% rispetto all’anno precedente) approvato dall’assemblea degli azionisti con data di pagamento 3 maggio. Primo beneficiario sarà la finanziaria olandese degli Agnelli-Elkann, la Exor che di Stellantis detiene il 14,2%.
La Rassegna è una rubrica pubblicata la Domenica contenente notizie selezionate su argomenti che riteniamo particolarmente interessa. Non è esaustiva di tutte le notizie prodotte sul web, ma l’occasione di porre dubbi e riflessioni.