È morto Toni Negri, filosofo, saggista, politologo, di ispirazione marxista, attivista politico negli anni ‘60 e ‘70. Ispiratore di molti gruppi “estremisti” di sinistra, in molti dei quali germogliava quella logica che condurrà alla Banda Armata e al periodo del Terrorismo degli anni ‘70. Per questo fu definito “cattivo maestro” e dovette anche fronteggiare l’accusa di associazione sovversiva.
di Davide Amerio per Tgvallesusa.it (18.12.2023)
Toni Negri. In quegli anni ero un ragazzo adolescente che pensava alla scuola e alle ragazze, ma non disdegnavo la politica. Le voci di quel fermento politico, delle sue storture, come delle sue ragioni, rimbalzavano nelle aule scolastiche, sino agli anni caldi del ‘77. Non ero parte dei “politicizzati”, di quei giovani, figli di operai, nei quali palpitava la lotta di classe; ma quella loro fede mi incuriosiva, quanto mi inquietava (sensazione che mi avrebbero sempre dato coloro che non dubitano mai del proprio credo).
Sono trascorsi decenni da allora, e i cambiamenti, chiusa quella stagione “violenta”, non sono certo stati all’insegna di un miglioramento sociale. Con la caduta del Muro nel ’89, è stata abbandonata la “lotta di classe”, come non fosse mai esistita, o fosse un inutile orpello di quelle ideologie del secolo scorso che – detto per inciso -, abbiamo riposto in soffitta con troppa fretta e superficialità.
Ascoltai tempo addietro una intervista a Toni Negri; la ritenni molto interessante, e tutto mi parve fuorché un “cattivo maestro”. Mi procurai alcuni suoi libri, e lessi qualche passo.
Lungi da me l’idea di una disamina storica, sociologica e politica del personaggio; ciò che oggi, alla luce degli avvenimenti degli ultimi quarant’anni, mi fa “sorridere”, è quella definizione di “cattivo maestro”. Davvero lo fu?
Forse bisogna usare come metro di paragone la definizione opposta: di “bravo (o buon) maestro”. Certo in quegli anni di maestri alternativi (interessanti) da ascoltare ce n’erano: mi ricordo dei Norberto Bobbio, come dei Galante Garrone. Così come nel giornalismo c’erano Indro Montanelli e Giorgio Bocca. Potevi non essere d’accordo con le loro tesi, ma certo, rispetto all’oggi, erano intellettuali e giornalisti che qualcosa da dire l’avevano.
Dopo 40 anni… quali “bravi” maestri ci ritroviamo? Forse gli Influencer che spopolano sui Social? Non certo quella schiera di giornalisti zerbini pagati dal capitalismo rampante e predatorio, già preconizzata da Giorgio Bocca nel suo libro “Il Padrone in Redazione”, quando tentava, inascoltato, di spiegare ai suoi colleghi due semplici concetti:
1. se ti metti un Padrone dentro la redazione… hai un padrone… punto!
2. se hai un Padrone Capitalista la notizia non sarà più un “bene sociale” con cui informare il pubblico, ma una merce come le altre, con la quale lui vorrà generare profitto.
Sono forse “buoni maestri” quella schiera di “intellettuali” che popolano la televisione, con finti dibattiti a uso e consumo dei “tifosi” schierati su fronti opposti, anziché adoperarsi per compiere una disamina dei contenuti e del merito delle questioni, per aiutare le persone a farsi una idea “critica” di quanto accade?
E non sono forse costoro gli stessi che espungono dal circo mediatico tutti coloro che dissentono dalla narrazione ufficiale, si tratti di Pandemia, di guerra, o di altre sciagure dei nostri tempi? Non sono forse stati additati con epiteti equivalenti a “cattivo maestro” (No Vax, Putiniano, pro Hamas) i vari Mattei, Orsini, Basile, e tutti coloro che non hanno ceduto alla narrazione main stream?
Ma ce le ricordiamo le evocazioni di Bava Beccaris contro i presunti No-Vax, o l’augurio di morte certa (per liquefazione) ai non vaccinati, da parte di certo giornalismo? O le menzogne spudorate di un Presidente del Consiglio che in TV recita il mantra di Big Pharma “se non ti vaccini… ti ammali… e muori”?!? E il cattivo maestro sarebbe Toni Negri?
E che dire di coloro che plaudono ogni qual volta le FfdOo accarezzano i crani di studenti dei centri sociali, dei No Tav (non di rado definiti addirittura “terroristi”), degli operai, che rivendicano i propri diritti, o evidenziano le storture del sistema? Quelli convinti il manganello sia lo strumento propedeutico per inculcare l’idea che viviamo nella miglior società possibile?
Davvero vogliamo ricordare Toni Negri come un “cattivo maestro”? Si può essere d’accordo o meno sulla chiave di lettura che lui diede, come intellettuale, della società di quei tempi. A me resta il fondato dubbio che Toni Negri, come altri – penso a P.P. Pasolini –, debbano essere espunti dalla storia politica del Paese in quanto sapevano leggere la direzione intrapresa dal Capitalismo, e degli strumenti che questo avrebbe utilizzato (come la Televisione) per allontanare nelle masse ogni capacità critica.
Quella direzione che viaggia su un binario morto, alla fine del quale la società è divisa tra benestanti, ricchi, e ricchissimi da una parte (minoranza numerica, ma utile e funzionale al sistema), e tutti gli altri dall’altra, ad abitare le Favelas: senza diritti, con una vita precaria, infarciti di debiti per sopravvivere. Una strada ben lontana dalla narrazione Liberal che seduce il popolino dormiente (davanti alla Tv spazzatura) con la “favoletta” del Capitalismo generatore di benessere e felicità per tutti.
Che davvero avessero ragione i “cattivi maestri” come Toni Negri?