Tra marito (Grillo) e marito (Conte) mettiamoci pure il dito!

Conte, Grillo, M5S, Assemblea Costituente, elezioni

M5S: con il risultato (disastroso) delle elezioni europee, una faida interna al movimento pare contrapporre il capo (garante) storico Beppe Grillo, all’attuale capo politico, ed ex Primo Ministro Giuseppe Conte. Sarà la fine definitiva o un’araba Fenice? 

di Davide Amerio.

Dopo i risultati delle elezioni europee, all’interno del M5S si è aperto un dibattito su come affrontare la situazione venutasi a creare con una drammatica perdita di consensi. I nemici storici, che hanno da sempre inviso il Movimento, anche quando lo hanno avuto come alleato di governo, sperano che la controversia ponga una pietra tombale su questo fenomeno anomalo, così che il putrido e stantio panorama politico italiano possa procedere come da consuetudini consolidate.

Il dialogo a distanza tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte è iniziato con uno scambio epistolare, reso pubblico sul sito del M5S. 

Non appartenendo alla schiera dei fautori del “tanto peggio… tanto meglio”, e nemmeno a quella dei tifosi pro Grillo o pro Conte, quanto piuttosto alla schiera degli Italiani increduli di fronte a un soggetto politico che tante buone speranze aveva diffuso, azzardiamo qualche riflessione su questa situazione, dispensando qualche “consiglio” che certamente verrà ignorato: ma almeno avremo la coscienza a posto per aver cercato di dare un contributo.

Sul piatto del contendere si confrontano due tesi. Quella di Grillo, secondo la quale la caduta verticale dei consensi del Movimento  è dovuta ad una perdita di identità, rispetto al soggetto originale fondato sulle cinque stelle. Ora, a detta di Beppe, le stelle sono troppe, confuse, dai contorni indefiniti, e le persone non si riconosco più. Sarebbe quindi necessario tornare a una definizione di pochi, ma chiari obiettivi, per tornare in auge e riappropriarsi del consenso perduto. Per Grillo la transizione ecologica e quella digitale rimangono di fondamentale importanza. Una stoccata la riserva a quegli eletti nelle file del Movimento che hanno messo in discussione il vincolo dei due mandati: strumento necessario, nel pensiero di Beppe, per garantire il ricambio dei politici, ma oggi rifiutato da quanti puntano alla riconferma in Parlamento.

Conte replica sottolineando che la perdita di consenso è maggiormente dovuta a scelte politiche ben precise: come l’aver sostenuto il governo Draghi, e un ministro come Cingolani (proprio alla “transizione ecologica” sigh!). Scelte che hanno compromesso, e annullato, quanto fatto dal M5S, nel bene e nel male, con i governi Conte I e II. L’obiettivo, per Conte, sarebbe quello di rifondare il Movimento dando la parola agli elettori/simpatizzanti, creando una “Assemblea Costituente” che, pur tenendo fermi i valori del Movimento, dia voce a quanti hanno qualcosa da dire, e proposte da suggerire. Evitando quindi, diversamente da quanto desiderato da Grillo, che un gruppo ristretto di vertice decida tutta la politica del M5S, e ci si limiti (come avvenuto in passato – anche recente) a sottoporre al voto un programma politico pre-confezionato: o così o così.

Conte parla di “democrazia partecipativa”, non solo più di “democrazia diretta”, in quanto questa si limiterebbe a far esprimere un voto su decisioni prese altrove. Per chi ha vissuto l’esperienza della piattaforma di Rosseau, questa impressione è stata sovente reale.

Per gestire questa transizione è stata incaricata una azienda terza e indipendente, specializzata in questo tipo di operazioni, la quale dovrebbe garantire la terzietà in questa fase costituente, e una partecipazione libera di quanti sono interessati.

Entrambi ammettono errori nel passato. Le posizioni paiono però piuttosto distanti, e alcuni, ex parlamentari, si sono già schierati dalla parte di Grillo, con una dichiarazione che accusa Conte della disfatta dei 5 Stelle (dichiarazione che ha trovato, ovviamente, ampio riscontro mediatico). Altri “capitani coraggiosi” stanno già abbandonando il Movimento, per approdare in quei partiti nel passato “schifati”, quando a garantire un posto in Parlamento era il M5S. A riguardo vale giusto la pena notare che se è lecito cambiare idea nella vita, certe transumanze indicano, perlomeno, una inappropriata selezione dei candidati. In ballo pare esserci anche una questione finanziaria, molto meno “nobile”: la quota che i parlamentari versano a Grillo per la gestione della comunicazione. 

Messe in chiaro le reciproche posizioni dei due “genitori”, mettiamo un po’, come suol dirsi, “il dito nella piaga” per rimarcare, a nostro parere, le situazioni che hanno determinato la perdita di consensi: e qui le responsabilità di Grillo e di Conte viaggiano piuttosto in un triste “pari merito”.

Sono proprio gli errori del passato (quelli su cui si vorrebbe passare un rapido colpo di cancellino, come se non fossero mai esistiti), i facili slogan, la mancanza di una strategia politica coordinata, le promesse tradite, e quelle infrante, la fretta di voler governare a ogni costo, le regole interne autolimitanti,  che hanno logorato il consenso. Se non si comprende questo, il Movimento è destinato a perire miseramente nell’indifferenza dei più, partorendo uno o più topolini (in caso di scissione) che altro non potranno fare che rosicchiare qualche stipendio parlamentare, non certo imprimere una svolta politica al paese.

Evitiamo qui di elencare queste mancanze strutturali e culturali, di cui abbiamo già ampiamente scritto, e oggi riproponiamo, con nuove riflessioni che guardano al futuro, nel libro “Movimento 5 Stelle 3.0 – dal vaffa al potenziale movimento Riformatore”(in distribuzione gratuita qui) .

Occorre focalizzare l’attenzione sul perché si è giunti a presto triste primato olimpionico di discesa rapida.  

La crescita esponenziale dei 5 Stelle fu generata da un sentimento di speranza in un reale cambiamento politico e sociale. La “partitocrazia” (anche “mignottocrazia”) ha sempre rigettato il M5S bollandolo come anti-politica, nel senso “migliore” del termine: un concepire una politica “altra” da quel putridume stagnante di corruzione, mistificazione, falsificazione, e prescrizione, tipico della politica italiana.

Forza propulsiva è stata certamente la figura di Grillo: anche se qualcuno giura fosse tutto programmato dai poteri forti, con la sua presenza sul “Britannia”, insieme a Mario Draghi. Ma qui non ci occupiamo di fanta-politica. 

Certamente il M5S non esisterebbe senza Grillo, e non avrebbe ricevuto un impulso importante senza Casaleggio.

Ma se oggi parlo con le stesse persone con le quali 15 anni fa condividevo riflessioni sul M5S e, il 90% (non esagero) di quelle stesse persone, risponde di considerare oggi il Movimento un partito perfettamente allineato con il “sistema”… qualche domanda bisognerà pur porsela! Invece che cercare di passare un facile colpo di spugna sulle responsabilità e sugli errori (e talvolta orrori) del passato mica tanto remoto.

Davvero possiamo limitarci a considerare che il problema sia il “numero” delle Stelle di cui occuparsi?

Forse manca la consapevolezza, e forse molti non l’hanno mai avuta, che la politica (come la società) è diventata qualcosa di realmente complesso, al punto che taluni la rifuggono atterriti da una complessità che non riescono più a decifrare. Se questa ipotesi è corretta, un Movimento che ha perso per strada tante “promesse”, e creato tante aspettative poi deluse, come avrebbe potuto reggere ancora? su quali basi?

Ma davvero ce la siamo dimenticata la faciloneria di certi slogan? “apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”… “fuggiranno con gli elicotteri al nostro arrivo”… “fuori dall’Euro e dall’Europa”… “difesa del No Tav” (e di altre battaglie locali ma di simbologia nazionale)… “diminuiamo il numero dei parlamentari così certa gente non verrà più eletta” (questa è la cretinata mia preferita!)… “due mandati e poi a casa” (si! peccato che ci vai tu a casa ma gli altri restano)… 

Per non dimenticare il non aver saputo contrastare, durante l’emergenza Covid, l’assurdità del blocco del paese, le menzogne delle case farmaceutiche, la complicità delle élite europee, l’assurda persecuzione degli Italiani (compresi medici e infermieri) che si opponevano alle vaccinazioni… per giungere al “Draghi un po’ grillino” che pronuncia, in diretta TV, la sentenza: “se non ti vaccini… ti ammali… e poi muori!”. 

Terrore gratuito e irrazionale è stato diffuso nella popolazione; Diritti Costituzionali fondamentali sono stati di fatto cancellati; un linguaggio brutale, volgare, violento, discriminatorio (fascista oseremmo dire) è stato utilizzato per escludere dal dibattito (a senso unico) quanti dubitavano, quanti consigliavano (da competenti) percorsi alternativi, e altre soluzioni di cura (rivelatesi poi efficaci), costruendo la categoria dei No-Vax, così come si costruiscono, nell’immaginario collettivo, gli abbinamenti No-Tav = Terroristi = Violenti…

Una ferita alla nostra Democrazia che grida ancora vendetta. E non sarà certo l’ennesima patetica “Commissione parlamentare” composta da chi quella ferita l’ha provocata, a fare giustizia della verità. La direttiva “Tachipirina e vigile attesa” è stata un Crimine contro l’Umanità e come tale andrebbe trattata.

Iniziative come il Reddito di Cittadinanza e il Bonus 110, avrebbero potuto (dovuto) essere gestite meglio. Di fatto, nonostante i detrattori, hanno portato un contributo all’economia del paese. Anzi oggi è troppo il silenzio dei 5 Stelle verso le acrobazie di un Giorgetti che ha annullato gli effetti benefici del Bonus, bloccando la circolazione dei Crediti Fiscali, e facendo ricadere il Bonus tutto nel debito pubblico. 

Certo il Bonus avrebbe dovuto essere concesso prima a chi aveva una casa con bassa redittività energetica, non a chi aveva i soldi in banca e si è ristrutturata la casa (già efficiente) a spese dello Stato. Ma il blocco dei Crediti Fiscali e la messa in croce delle aziende che hanno lavorato per il il Bonus è una scelta politica volta con precisione a danneggiare l’Italia. Per chi non l’avesse ancora capito può citofonare a Stefano Sylos Labini (nostra intervista) e ai suoi continui messaggi su Facebook che spiegano l’assurdità di questa scelta voluta dagli incappucciati della finanza. 

La sciagurata modifica del numero dei Parlamentari senza aver prima elaborato una riforma elettorale coerente… è stato il trionfo di analfabetismo politico dell’ex bibitaro, difeso come Capo Politico da Grillo, quando era palese la sua inadeguatezza. Lo stesso bibitaro che pronunciò la frase “non abbiamo potuto fare nulla per bloccare il Tav, perché non avevamo la maggioranza!”. Tradendo non solo le aspettative di quanti avevano dato fiducia, in Val Susa, al M5S, ma dimostrando di avere una concezione della politica degna di uno spot televisivo: ti piace vincere facile ?!? 

Far ricadere tutte le responsabilità oggi su Conte, al quale è stato consegnato un “partito” disastrato e martoriato, mi sembra sia una soluzione di comodo che evita di prendere coscienza di come gli errori (orrori) politici abbiamo logorato nel tempo il consenso politico. Ne è la riprova il fatto stesso che il M5S abbia dovuto ricorrere a Conte non essendo riuscito ancora a partorire, in quindici anni, una figura di Leader all’altezza del compito. 

Da dove ripartire allora?

Nel libro (e leggetelo cavolo!) evidenzio i tre punti (colonne o capisaldi) da cui il Mov può riparire:

  1. la Politica come “spirito di Servizio”
  2. la fedeltà allo spirito e ai dettami della Costituzione Italiana del 1948
  3. Il principio “Nessuno deve rimanere indietro”.

Il punto centrale è però capire come queste tre colonne non possono essere costruite efficacemente se non si parte dall’assunto che la principale causa dei nostri problemi (politici, sociali, economici) è il neoliberismo imperante: filosofia sulla quale tutti i principali partiti politici, e le istituzioni europee, e quelle internazionali, si sono adagiate. 

Il neoliberismo offre il paese dei balocchi; non si preoccupa delle persone in quanto tali, e del loro reale benessere psicologico, sociale, salutare, e lavorativo. Ogni cosa o persona è un “bene” in quanto “cespite” e, come tale, viene trattato. 

Le persone sono solamente “consumatori”, possibilmente compulsivi, e beotamente convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili, anzi, nell’unico mondo possibile. Se desiderano qualche cosa, si possono sempre indebitare. Se pretendono condizioni di lavoro decenti, stipendi e salari adeguati, devono sottostare alle “leggi divine” del Mercato del Lavoro: simile a quello delle bestie da soma, e come “ciuchini” i lavoratori sono trattati (sindacati e sinistre non pervenute).

E’ questa filosofia neoliberista, dagli anni ’80 del secolo scorso, che ha impregnato le nostre vite di falsificazioni: quelle che hanno condotto l’Italia da potenza industriale a fanalino di coda, con la complicità di una classe politica ignara, corrotta e complice. La creazione del “vincolo esterno” dai tempi della separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia, alla forzata partecipazione allo SME, sino a giungere alla supina accettazione dei parametri di Maastricht, con l’accettazione della moneta unica, sono eventi che gridano vendetta e tradimento dei fondamenti della Costituzione Repubblicana, Liberale, Socialista e Democratica dell’Italia.

Se non si assume questo fatto come presupposto, si è fuori dalla Storia. Se non si ha coscienza che la Moneta è un prodotto “fiat”, ovvero creato dal nulla, e che quindi i vincoli del dover procurarsi soldi con capitali stranieri è una imposizione artificiale conseguente a precise scelte politiche, qualsiasi velleità riformistica non ha alcun senso pratico. Troverai sempre il beota neoliberista che ti ripeterà il Mantra: “non ci sono i soldi!”, e farà dell’allarmismo economico sul Debito Pubblico.

Siamo ingabbiati nella grande ipocrisia neoliberista europea

Nei “trattati” si prescrive, tra gli obiettivi, la “piena occupazione”, nella pratica si impone il NAIRU (Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment): il tasso di Disoccupazione cui i paesi si devono attenere per mantenere l’inflazione sotto controllo (secondo una teoria degli anni ’60 più che obsoleta e confutata).

Si vuole imporre l’idea che il Mercato è un fenomeno “naturale” quando invece, insieme alla Finanza (speculativa) è una costruzione artificiale.  Se non si hanno idee in merito urge rinfrescare lo studio di Keynes, del grande Federico Caffè, e della MMT (Modern Monetary Teory), tanto per cominciare.

Non si batte la Destra facendo ammucchiate colorate. La si batte se si stringono alleanze tra pari aventi la consapevolezza che bisogna impostare un altro percorso; che bisogna viaggiare su un altro binario, rispetto a quello morto del neoliberismo. Perché questo binario finisce in un luogo dove esistono solo i ricchi, i ricchi ricchi, e i ricchissimi, con i loro servitori e vassalli, e dall’altra tutti gli altri… nelle Favelas!

Non si tratta di fare rivoluzioni. Si tratta di “essere” la rivoluzione, avendo sposato un’altra filosofia (conforme alla nostra Costituzione), e di progettare le strategie politiche di conseguenza. Sopra tutto far sentire alle persone che si possiedono idee alterative a questo sistema: altrimenti che ci sia la Meloni o la Appendino a presiedere un Consiglio dei Ministri, può non fare alcuna differenza, o una talmente minima da non appassionare più nessuno.

C’è ancora un mondo di elettori sofferenti che attende, per ora invano, un soggetto politico in cui identificarsi per ritrovare la speranza di un mondo diverso: dai fattori geopolitici internazionali, al semplice bisogno morale di non sentirsi “fessi” se ci si comporta con un minimo di onestà e correttezza civile.

Un mondo diverso, fatto di Pace autentica tra i popoli, di una sovranità che rispetta le differenze, di Inclusione, Giustizia Sociale, Libertà, Mercato, Diritti, Welfare, può esistere, ma non se si continua a viaggiare sul carro bestiame del Neoliberismo globalizzato neocapitalista turbo mondialista, che arricchisce sempre di più pochi, a discapito dei molti. 

Fuori da questo obiettivo, ci sono solo le schermaglie televisive spacciate per dibattito politico: la retorica del nulla, a mezzo di servi, zebini, e paggetti dei padroni,  che danneggia i molti, per mantenere i privilegi di pochi.  

Fossi in Grillo e Conte, ci farei un pensiero…