Val Susa: 9000 km in sella a una bicicletta, in giro per l’Italia, per testimoniare la propria protesta contro un sistema di governo che, con la Pandemia, ha distrutto vite, lavoro, e attività produttive.
di Redazione Tgvallesusa (19.10.23)
Val Susa, Devejs.
Un anno fa circa Sasà Gigante, proprietario del ristorante “Il Gigante e la Gallina” nella frazione Devejs (Salbertrand), si ritrovò a ragionare sul da farsi – come molti altri suoi colleghi -, dopo che con la Pandemia di Covid, e la più che discutibile gestione dei governi, la sua attività era allo stremo.
Sasà fu certamente tra i primi, in Val Susa, a ribellarsi alla logica della paura e del terrore che fu versata sulla testa degli Italiani in quel periodo. Tamponi, divisioni, vaccini, informazioni contraddittorie, silenzi sulle conseguenze avverse, costrizione a star chiusi in casa, a girare bardati con mascherine di dubbia efficacia. I ristoratori, in particolare, costretti a spendere per modificare i locali con le norme di “sicurezza” imposte: vetri di separazione, tamponi all’ingresso, verifiche sul green pass per distinguere i presunti “sani” dai presunti “untori” del virus.
E poi chiusure totali, semi aperture, promesse di “ristori” economici mai arrivati.
Le conseguenze di quella situazione non potevano che condurre a una tragica conclusione: la chiusura del locale. Sasà non ce la faceva più. La Val Susa, terra già martoriata ed economicamente degradata (grazie a politiche scellerate imperniate sulla logica del Tav), riceveva, con i lock down e i giochi di prestigio delle false promesse della politica, la mazzata finale.
Ma Sasà non si arrese. “Lo Stato mi ha fottuto!” pensò. E quel pensiero si trasformò in un sentimento ribelle che prese corpo con uno slogan: “Fottuto dallo Stato”. E lo slogan venne scritto, e poi stampato su una maglietta. E quella maglietta sul corpo di Sasà divenne desiderio di portare un messaggio, di protestare, di non essere silenzioso di fronte alla irresponsabilità (e incapacità) del mondo politico.
Fu così che Sasà decise che se in Val Susa il suo locale doveva restare chiuso, il suo cuore ribelle sarebbe andato in giro per l’Italia a portare un messaggio di protesta, da condividere con quanti avevano patito la stessa sorte, ma non solo: con tutti quegli Italiani che erano stati offesi, avevano subito angherie per non aver voluto cedere al ricatto del vaccino, e con tutti coloro che avevano dovuto cedere per sopravvivere, subendo l’ignobile ricatto del lavoro, e anche con coloro che la Pandemia (gestita, oggi lo sappiamo bene, in modo più che discutibile) aveva portato dolore nelle loro case.
Non di meno il suo messaggio voleva essere un momento di incontro, e confronto, con i tanti ignari e inconsapevoli di quanto fosse realmente accaduto a questo paese.
Sul fronte della maglietta scrisse “Mi riprendo la mia libertà”, e un amico gli mise a disposizione una bicicletta per il viaggio. Su quella bici Sasà ci mise delle sacche con il necessario e, con il cuore sempre nella Val Susa, si mise in viaggio. Un viaggio lungo, tortuoso, per le strade e per le regioni d’Italia, isole comprese, seguito dagli amici (che nel corso del tempo crebbero di numero) sulla chat di WhatsApp “Fottuto dallo Stato”.
In tanti lo hanno accolto, sostenuto, ospitato per una notte presso le loro abitazioni. Hanno condiviso con lui racconti, sorrisi, pensieri, e storie di vita drammatiche. Lui ricambiava con la sua umanità, con l’ascolto e con la sua cucina. Molti giornali locali, radio, blogger, lo hanno intervistato seguendo la sua avventura.
Si emoziona ancora oggi Sasà, mentre racconta agli amici intervenuti domenica scorsa (15 ottobre) al suo ristorante, per festeggiare il suo rientro. Le sacche della sua bicicletta, appesa al soffitto del locale, hanno portato indietro le mille storie delle sofferenze, delle ingiustizie, degli arbitrii, patiti da tante persone, in questi maledetti due anni. Sofferenze che quelle persone non vogliono dimenticare, sopratutto adesso che la verità sulle menzogne emerge, seppur con fatica, e molti, sempre di più, si rendono conto della volgare dittatura subita.
Tanti sono gli aneddoti, anche quelli divertenti: come quello delle forze dell’ordine che lo fermano per un controllo e finiscono per farsi una foto con lui, perché sanno che ha ragione, e anche loro hanno subito sopraffazioni. Anche quelli molto meno divertenti, in cui spregiudicati personaggi (avvocati) raccolgono soldi con la promessa di difendere gli over 50 per non pagare la multa imposta ai dissidenti, ma che poi in realtà non intentano nessuna causa.
Ad accompagnarlo nei racconti ci sono amici venuti da lontano sino alla Val Susa per portare la loro testimonianza.
Per esempio Sandra dalla Sardegna, con un figlio che ha subito dei danni da vaccino e fa parte di un gruppo sardo che si è organizzato per aiutare le persone in difficoltà economica o di salute. Interviene Giuseppe (nome di fantasia), un ex infermiere che ha perso il lavoro, come altri “eroi”, che non hanno accettato il ricatto del vaccino, e ha perso tutto, dovendosi sostenere con l’aiuto di sua madre. Altri ricordano il dolore per aver potuto stare accanto ai loro cari in ospedale, privati infine del cordoglio dell’ultimo saluto.
Una Sanità allo sbando, per favorire il privato, ma non solo; si riportano le testimonianze di sanitari “pentiti” di aver obbedito alle direttive criminali che sono costate la vita a tante persone. Sasà dichiara di aver raccolto tantissime testimonianze, storie al limite dell’incredibile, dell’inverosimile, molte delle quali le conserva nel cuore e non le può nemmeno raccontare per rispetto di chi ha subito. Ma una convinzione l’ha acquisita: i non vaccinati, i dissidenti, sono tantissimi, ben oltre quanto la narrazione televisiva voglia far credere.
Persone che non sono mai state no-vax, come han voluto far credere, bensì cittadini a cui i concetti di Libertà, Diritti, Sanità Pubblica, sono ben chiari, e sono consapevoli del tradimento perpetrato dalla politica nei confronti del paese. A Sasà resta il desiderio di poter vedere tutta questa quantità di persone unita per difendere la Libertà e i Diritti secondo lo spirito della nostra Costituzione.
Probabilmente resterà un sogno, ma che potete condividere con lui andando a trovarlo in Val Susa, nel suo locale, approfittando di gustare la cucina del “Gigante”. Di sicuro lui, la sua parte, l’ha fatta, donando a tutti quelli che ha incontrato il suo sorriso, la sua storia, il suo desiderio di vivere in una paese “normale” dove sono i ladri, i corrotti, i malfattori, a essere rinchiusi, e non le persone perbene.